LA DANZA DELL’OBLIO  –  by Silvia Walsh

Protagonista dei suoi scenari, Il vento vola sulla battigia, con i suoi giochi da scultore sulla sabbia e la complicità del mare, porta alla superficie resti di oggetti dalle consunte sembianze che si affacciano al cielo come volti addormentati, coperti da un sottile velo di sabbia che rimanda a strati di tempo sovrapposti, come la neve che cade in momenti diversi. In questi pregnanti luoghi, di brezze marine, di profumi di alghe affioranti, Donaggio si è ritrovato a riflettere lungo il filo della sua storia. Con la sua consueta poetica l’autore scava nella materia del tempo, ritrovando nell’alveo del suo passato frammenti di vita caduti nell’oblio, emozioni vissute, profumi dimenticati. Con naturalezza, l’autore rende immagine tutto questo e compone una nuova serie di opere che non a caso intitola Sedimenti. L’autore riesce genialmente a forzare il valore estetico degli oggetti abbandonati nella battigia per reinventare un’altra poetica visiva, trasforma con disinvoltura la realtà oggettiva in soggettiva: una cassetta di polistirolo usata dai pescivendoli diventa una ridondante Torre di Babele; un telo di plastica è il velo di una sposa; le onde del mare che lambiscono le secche algose risvegliano Nettuno; filari di cozze abbandonati si liberano in un pianto nero. Le opere di Donaggio non sono solo composizioni fotografiche ma concetti  che mi suggeriscono visioni di crisalidi che nell’opera finale divengono farfalle… Sedimenti è il frutto di una costante ed approfondita sperimentazione artistica che dimostra ancora una volta l’autenticità visionaria e costruttivista dell’artista. Idealizzo questi mondi dell’autore come surreali quinte teatrali, dove comuni oggetti consunti divengono brillanti interpreti in scenografie sempre diverse, protagonisti di visioni che definirei ingressi per una terza dimensione. E’ un viaggiatore Franco Donaggio, il suo viaggio inizia sin da giovanissimo quando abbandona il suo mare, la laguna con le sue secche, le veleggiate con gli amici. Dapprima per gli studi poi per intraprendere un suo percorso professionale nella grande città. E da lì in Europa e America. Oggi, a distanza di alcuni decenni, l’artista ritorna nella terra delle sue origini con il cuore dell’uomo compiuto e del poeta, ancora con la vivace curiosità di perenne indagatore del giovane che era. Mi colpì molto di recente un concetto di Franco, a mio avviso molto incisivo: “la mia fotografia è plasmare sogni, visioni e materia come la creta dello scultore, penso lo scatto come il mattone che insieme ad altri forma il mio senso del mistero”. Trovo che questo suo pensiero sia una possibile leva di Archimede per comprendere a fondo l’operare del poliedrico artista, che con Sedimenti non invia solo l’ennesimo beffardo messaggio allo scorrere del tempo, ma un contributo denso e generoso al nostro desiderio di vedere oltre.